domenica 21 maggio 2017

La sterilizzazione a fuoco

In Kiswahili c'è un proverbio che dice: "shida juu ya shida".
Letteralmente significa che i problemi vengono sempre su altri problemi, o meglio che i problemi capitano per lo più quando ce ne sono già moltissimi altri.
Era appena arrivato il Dr Luciano Cara; i pazienti già ricoverati su appuntamento per il nostro specialista ortopedico erano più di 40; la lista operatoria era molto intensa sia per il sabato che per la domenica...ed ecco che ieri mattina, per un guasto, si è incendiata l'autoclave più grande nella sala di sterilizzazione.
Fortunatamente non ci sono stati danni alle persone e neppure alla struttura muraria della sala operatoria... che avrebbe potuto andare in fiamme.
Molto del materiale che era nella sterilizzatrice è stato purtroppo danneggiato in maniera irreparabile con un danno economico molto elevato...ma la cosa più drammatica è stata che l'autoclave è risultata completamente fuori uso.
Non sterilizzare in un momento così significherebbe vanificare la presenza di Luciano, Toto e di tutto il team!
E, secondo il succitato proverbio kiswahili, l'incidente è naturalmente capitato di sabato, quando i rappresentanti a Nairobi non sono in ufficio e sono irreperibili per le riparazioni. 


Per la stessa legge della sfortuna che si accanisce quando già ci sono problemi, il nostro ingegnere è in Cina per un corso di formazione...anche lui quindi non lo possiamo chiamare!
Luciano ed il suo team dovevano comunque operare; i malati hanno fretta di andare in sala, e vogliono tornare a casa.
Grazie allo staff della manutenzione, abbiamo quindi riabilitato la vecchissima autoclave a "pentola a pressione" che usavamo ai tempi del dispensario, molti anni fa: fortunatamente, dopo piccole riparazioni, questo "cimelio dell'antichità" ha ripreso a funzionare...purtroppo questa autoclave è molto piccola e ci mette due ore per ogni ciclo di sterilizzazione, invece dei 45 minuti della macchina nuova, ora fuori uso.
Molti strumenti riusciamo a sterilizzarli a secco, e quindi non siamo completamente paralizzati.
Il problema rimane per i teli chirurgici, i camici, il materiale plastico e gli elettrobisturi che non possono essere sterilizzati a secco: con la vecchia e piccola autoclave ci vuole troppo tempo per sterilizzarli tutti.
Abbiamo poi dei set ortopedici così grandi che non riusciamo a far stare nelle nostre sterilizzatrici a secco.
Fortunatamente abbiamo il pieno supporto del Dr Nyaga e della dottoressa Makandi, che hanno dato la completa disponibilità dell'ospedale generale di Meru ad aiutarci per la sterilizzazione: Joseph ha quindi fatto la spola tra Chaaria e Meru per far sterilizzare gli strumenti che ci sono necessari.
Devo dire che l'ospedale di Meru ci sta dando pieno supporto e domani addirittura ci aiuterà con due set chirurgici ortopedici che potremo usare a Chaaria al fine di ridurre le volte in cui dobbiamo correre   Meru per ri-sterilizzare i nostri strumenti..
Oggi Fr Giancarlo è partito per Nairobi con lo scopo di reperire i pezzi di ricambio necessari alla riparazione dell'autoclave.
Il nostro ingegnere dovrebbe tornare martedì dalla Cina...e noi incrociamo i pollici nella speranza di poter riparare la sterilizzatrice per mercoledì sera.
Fino ad allora continueremo a sterilizzare quello che possiamo qui a Chaaria e poi riprenderemo la spola da e verso Meru.
In tutti questo caos, devo dire che siamo riusciti a garantire a Luciano ed al suo team delle sedute operatorie intense che ieri sono terminate alle 21 ed anche oggi sono finite dopo le 17.
Ringrazio di cuore Fr Giancarlo, che ora sta guidando a notte fonda nel tentativo di tornare da Nairobi in giornata...domani ha infatti importanti impegni a Meru per la nostra maternità.
Senza di lui non potrei gestire questa situazione estremamente critica che ha rischiato di paralizzare l'attività chirurgica dell'ospedale.

fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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