lunedì 10 ottobre 2016

Non so se ce la faremo a lungo così

Stamattina, dopo quasi una settimana, sono riuscito ad essere puntuale alla preghiera delle lodi ed alla messa mattutina..ma anche oggi era scritto che la mia messa finisse prima di quella degli altri. Infatti gia' alla comunione mi hanno chiamato in maternita' perche' c'era un forcipe da fare.
Mi sono precipitato fuori dalla chiesa parrocchiale e sono corso in ospedale.
E' stata una sorpresa trovare sul lettino da parto una giovane handicappata mentale che non riusciva a stare senza la sua mamma. 
Era anche deforme fisicamente con gli arti inferiori molto rigidi, per cui il forcipe e' stata un'impresa non da poco, per non parlare della riparazione dell'episiotomia. 
Mentre lavoravo con Vera ed insieme suturavamo questa piccolina innocente, non mi sono trattenuto dal dirle che casi come quello mi fanno pensare sempre a quanto schifosi possano essere I maschi, se sanno prendersi gioco ed approfittare di una creatura cosi' indifesa. 
Comunque il neonato era bellissimo ed ha pianto subito.
Poi la giornata e' stata un vero vortice: interventi chirurgici, ortopedici, ginecologici, tanti cesarei urgenti, un numero infinito di pazienti sia in ambulatorio che in reparto. 
Alle 14 avevo appena finito l' intervento di cui ho accennato ieri:siamo in effetti riusciti a riattaccare quella mano ed a riparare I danni sia ossei che tendinei. 


Avevo tanta fame ma Vera mi ha detto che c'era un cesareo urgente. Abbiamo quindi posticipato il pranzo per entrare in sala subito e salvare quel bambino. 
Non eravamo neppure ancora arrivati all'utero, quando Monica ci ha informato che era arrivata da Mukothima una donna con emorragia post-partum massiva. 
Ci siamo allora divisi. Io sono rimasto in sala a continuare il cesareo, mentre Vera e' andata a visitare quella donna...era una emorragia tremenda. La sala parto era un vero e proprio lago di sangue. L'utero era flaccido e l'ecografia ha dimostrato una rottura.
L'emoglobina era di 3 grammi e la donna in fin di vita.
Siamo quindi entrati in agitazione. Io ho finito il cesareo in fretta e furia, mentre in laboratorio hanno fatto le prove crociate per varie sacche di sangue. 
L'utero era irrecuperabile. La paziente era assolutamente instabile anche se il sangue gia' fluiva nelle sue vene. 
Abbiamo dovuto fare una isterectomia di urgenza, ma abbiamo perso la donna quando chiudevamo la fascia. E' stato un colpo durissimo. Fuori della sala mi aspettavano la suora di Mukothima, il marito della donna e la creatura appena nata in quella maternita' rurale...e gia'orfana.
Erano ormai le 4, 30 ed I crampi della fame erano spariti. Gli interventi da fare erano ancora tanti ed altri 3 cesarei urgenti sono arrivatI a sconvolgere I piani della nostra triste giornata. Ciliegina sulla torta e' stata un'altra pangata sul viso di un poveretto a cui abbiamo tentato di fare della chirurgia plastica e che speriamo di aver suturato con ottimo risultato estetico. Sono ora le 22, 30 e forse riusciro' a mangiare un boccone di cena. Passo in maternita' e quel numero infinito di pancioni mi fa temere molto anche per la notte. In ambulatorio e'appena arrivate un'altra ambulanza con due pazienti in barella...mi sento morire!
Non so se riusciremo a lungo a tenere ritmi del genere.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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