giovedì 19 aprile 2018

Ma guarirà?

Oggi ho ricevuto l'ennesimo risultato positivo per ca esofago.
La donna e' ricoverata e non riesce neppure a deglutire la saliva. Non ho parlato alla paziente del risultato bioptico, ma con la figlia.
Ho deciso di dirle che la prima cosa da fare e' quella di inserire alla mamma uno stent (il tubo di Celestin), in modo da non farla morire di fame.
Poi si dovrebbe tentare di farle della radioterapia a Nairobi per allungarle la vita.
Le ho spiegato che il tumore e' molto avanzato e che comunque in Kenya non si fanno esofagectomie se non in centri molto specializzati ed a prezzi davvero molto alti.
Le ho comunque detto che il Celestin cambia radicalmente la qualita' di vita e permette alla mamma di nutrirsi e di deglutire la sua saliva.
La sua risposta e' stata: "quindi ne' il tubo ne' la radioterapia la guariscono completamente!".
Onestamente le ho detto che non si trattava di una terapia curativa ma palliativa e che comunque l'aspettativa di vita sarebbe stata ben al di sotto dei cinque anni. Quello che sarebbe migliorato sarebbe stata la qualita' di vita.


La sua risposta mi ha sconcertato: "vuoi che io venda capra e mucca per pagare delle terapie che neppure la guariscono?""
A questo punto mi sono sentito incapace di continuare la discussione e ho mandato la signora a discutere con il clinical officer.
Non ho voluto parlarle io per non alterarmi e non offendere.
La mia impressione e' comunque che non vendera' ne' mucca ne' capra e che la mamma continuera' a non deglutire neppure la propria saliva.

PS: Alluvione a Meru. Foto di due giorni fa

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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