domenica 25 marzo 2018

I derelitti

Ne abbiamo sempre tanti qui in ospedale, ma qualche volta sono cosi' abbandonati che di loro non sappiamo proprio niente, neppure il nome.
E' il caso di due psichiatrici, un uomo ed una donna, che sono stati abbandonati nella nostra sala di attesa durante la confusione del lungo sciopero del 2017 
Ce li siamo trovati li' seduti alla sera.
Non sapevano nulla. Non conoscevano alcun nome di familiari.
Ovviamente sono stati abbandonati qui di proposito.
Ora, dopo quasi un anno, sono ancora con noi.
Abbiamo cercato in tutti i modi di capire da dove venissero, ma siamo
praticamente disperati...nessuna notizia e nessuna traccia di parenti o conoscenti.
Vivono con noi. Non sono malati, ma non sappiamo dove mandarli.
La donna e' molto tranquilla e non da' alcun disturbo. L'uomo e' molto piu' problematico perche' nella sua confusione mentale tenta spesso di fuggire.


Per fortuna nessuno dei due e' violento.
I derelitti sono ovviamente nel cuore della spiritualita' cottolenghina e noi li accogliamo a cuore aperto, ma essi sono anche per noi un grande problema che si ripete di tanto in tanto.
La gente ci scarica in ospedale le persone scomode: handicappati e psichiatrici.
Noi ovviamente li acccogliamo.
Poi pero' nasce il problema di dove collocarli.
Per gli handicappati abbiamo il centro Buoni Figli, mentre per gli psichiatrici abbiamo solo l'ospedale.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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