mercoledì 17 gennaio 2018

Il paziente politraumatizzato

Quasi sempre il politrauma e’ causato da un incidente della strada, anche se talvolta puo’ essere una caduta dall’alto.
Si tratta di una emergenza gravissima, soprattutto per il fatto che non abbiamo una rianimazione.
Ci arrivano a volte dei trauma cranici per noi impossibili da operare e troppo gravi per essere trasportati a Nairobi. Molti comunque non avrebbero i soldi per la neurochirurgia. Per i trauma cranici abbiamo un’alta incidenza di mortalita’, pur potendo operare a Chaaria ematomi extradurali e subdurali. Per gli ematomi intracerebrali non possiamo fare nulla di chirurgico.
Spesso si tratta invece di pazienti polifratturati, ma senza gravissimi danni endocranici…per loro invece possiamo fare molto.
La settimana scorsa abbiamo ricevuto un paziente con lussazione del femore, frattura di radio ed ulna, vari tagli su diverse parti del corpo e soprattutto una frattura mandibolare.
Il suo caso e’ stato del tutto alla nostra portata: abbiamo suturato, ridotto la lussazione, operato le fratture dell’arto superiore fissato la mandibola con cerchiaggi metallici.
Ci sono stati poi altri casi in cui il paziente aveva almeno 4 ossa fratturate.


Li abbiamo dovuti operare in due tempi al fine di evitare anestesie troppo prolungate e perdite di sangue eccessive.
Un politrauma e’ sempre un grande impegno per noi.
Richiede trasfusioni, e sovente non abbiamo sangue.
Bisognerebbe operare subito per evitare eccesso di ematoma, sindrome compartimentale ed altre complicazioni, ma spesso siamo cosi’ oberati che li facciamo aspettare anche piu’ di 24 ore prima di entare in sala.
Bisogna programmare ore ed ore di operazione e magari piu’ di una seduta.
Ovviamente sono pazienti instabili e possono anche morire, ma fortunatamente i vari politraumatizzati arrivatici negli ultimi sette giorni sono tutti vivi, operati e in grado di camminare con stampelle.

Fr Beppe




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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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