lunedì 29 gennaio 2018

Due morti inattese

A. e’ una anziana signora che seguivo per TBC. Era ricoverata ormai da due settimane.
Non stava bene, ma non era neppure malaccio. Continuava ad essere dispnoica, ma il versamento pleurico era molto migliorato.
Quello che non era cambiato molto era il quadro della tubercolosi polmonare propriamente detta, con grosse caverne da entrambi i lati.
Giorni fa avevamo addirittura pensato di dimetterla, in quanto la terapia antitubercolare era impostata e non sentivamo in cuor nostro di fare per lei molto di piu’ in ospedale piuttosto che a casa.
Poi abbiamo ceduto alla pressione psicologica dei parenti che non volevano la dimissione, ed abbiamo trattenuto la paziente.
La saturazione di ossigeno era buona, ma nonostante questo lei aveva il fiato corto.
Oggi ci e’ mancata improvvisamente in reparto ed io sono rimasto molto male perche’ non me lo aspettavo..
Si dice sempre in tutti I libri che la TBC e’ curabile; la paziente era in terapia; purtroppo pero’ non ce l’ha fatta.


Un altro caso che mi ha lasciato l’amaro in bocca oggi e’ stato quello di un vecchietto in condizioni precarie da tempo: era ricoverato per diarrea, vomito, un po’ di confusione mentale.
Condizioni gerali scadenti.
Il PSA ci aveva fatto pensare ad un carcinoma prostatico ed oggi ci era sembrato che le condizioni generali del paziente fossero migliorate al punto di permetterci la biopsia.
Durante questa procedura il malato, momenti prima assolutamente collaborante, e’ diventato nuovamente confuso ed agitato.
Sono comunque riuscito riuscito a fare la biospia. Sapevo che era grave, ma non mi sembrava terminale.
Sfortunatamente pero’ il paziente e’ deceduto poche ore piu’ tardi.
Non credo che la biopsia c’entri niente.
Si tratta di una sfortunata coincidenza, ma indubbiamente anche questo secondo paziente andato in paradiso sotto le mie cure nel giro di poche ore, pesa alquanto sul mio cuore gia’ un po’ malinconico e vagamente depresso.

Fr Beppe


Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....