giovedì 2 novembre 2017

Per favore, scriviamoci...

Carissimi medici, che vi preparare a venire a Chaaria, mentre vi ringrazio anticipatamente per aver deciso di spendere un periodo della vostra vita per lavorare con noi, oso chiedervi (se fosse possibile) che ci conoscessimo un po’ di piu’... prima del vostro arrivo, e non solo nell’istante in cui mettete piede a Chaaria.
Se infatti rimanete fino all’ultimo soltanto dei nomi, con associato un orario di arrivo a Nairobi, una compagnia di volo, ed un titolo professionale, puo’ risultare difficile ingranare velocemente con un lavoro efficiente e ricco di soddisfazioni, al vostro arrivo a Chaaria.
Vi faccio alcuni esempi:
Se io sono al corrente che arrivera’ un neolaureato in Medicina, e con lui/lei non ho mai dialogato, a parte il normale lavorio di conoscenza reciproca che per noi si ripete ogni mese, io faro’ scattare in me anche l’opinione che il suo habitat naturale sara’ con i malati gravi del reparto di medicina. 
Non pensero’ infatti di offrirgli l’ambulatorio, troppo complesso sia per motivi linguistici che per ragioni culturali. E neppure mi passera’ per l’anticamera del cervello che lui/lei possa essere interessato primariamente alla ginecologia o alla chirurgia.
Magari questo puo’ creare in lui/lei delle frustrazioni perche’, per esempio, ha frequentato gli ultimi due anni in “gineco”, e non gli interessa o non gli piace la medicina interna. 


Io pero’ questo non lo posso sapere, se nessuno me lo dice: io guardo normalmente ai bisogni di Chaaria, e vedo che il reparto e’ l’ambito in cui un neolaureato puo’ fare di piu’ (oltre che essere il settore piu’ bisognoso).
Mi ci vogliono normalmente circa due settimane per cominciare ad avere il sentore che quella neo-dottore ha delle problematiche e non si trova bene in quella situazione di reparto. I piu’ spontanei magari me lo dicono prima... chi e’ timido invece sta zitto e sta male per la maggior parte della sua esperienza. Quando me ne rendo conto, se posso, provo ad aggiustare il tiro, ma quello che capita e’ che siamo ormai all’ultima settimana di esperienza e si e’ sprecato molto tempo prima di inquadrare il problema.
Se invece so che il nuovo medico vuole fare ginecologia come specialita’, cerchero’ di orientarlo maggiormente alla sala parto, ed a coinvolgerlo di piu’ per cesarei, raschiamenti e chirurgia ginecologica.
Lo stesso si applica ad un chirurgo generale.
Sapere che viene un chirurgo e’ sempre una bellissima notizia, ed e’ certo molto importante per me, ma sarebbe molto meglio per esempio se, tramite email, noi potessimo scambiarci delle domande ed esprimere delle aspettative.
Per esempio per me e’ vitale sapere se un chirurgo opera la prostata o meno... se fa la tiroide o no, ecc.
Se tali particolari io lo venissi a sapere alcuni mesi in precedenza, potrei organizzarmi per il materiale mancante e potrei preparare una buona lista di pazienti, massimizzando il “rendimento” del volontariato stesso.
Altro esempio potrebbe riguardare un ginecologo: sarebbe molto utile per me conoscere in precedenza se si occupa di mammella oppure no; se fa ecografie o meno, ecc.
Credo che il mio problema lo abbiate compreso. Si tratta di dare il massimo per i malati, ed anche di offrire ai volontari un tipo di lavoro che li soddisfi.
Grazie in anticipo.
Vi ricordo che la mia mail e’ fr.beppe@gmail.com

PS: le due foto si riferiscono alla messa di oggi in ospedale per la commemorazione di tutti i fedeli defunti

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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