venerdì 10 novembre 2017

Emozioni

E' difficile spiegare Chaaria.
E' quasi impossibile comunicare le sensazioni forti ed I sentimenti contrastanti che la vita qui ti riserva ogni giorno.
Chaaria e' la percezione di aver aiutato una persona che era arrivata in ospedale disperata perche' senza soldi...ma questo non conta per noi e l'aiuto lo doniamo sempre.
E' la commozione di vedere un fratturato che contempla soddisfatto la sua lastra ed e' contento e senza dolore dopo l'intervento.
E' la gioia di vedere Baraka che torna a casa con suo padre, dopo l'ennesimo intervento per le sue tremende ustioni. 
Chinha visto Baraka all'inizio deslle terapie, oggi non lo riconosce piu'.
Chaaria e' pensare che James e' nigeriano, ma e' approdato proprio a Chaaria per farsi curare le deformita' causategli dal fuoco e dalla sua vita difficile.
Chaaria e' un bambino che si e' fratturato il gomito cadendo da un albero, ma ora mangia tranquillo e senza dolore dopo l'operazione.
E' suor Anna che trascina tutti con il suo entusiasmo incontenibile ed il suo amore per I malati.
Chaaria e' tanto lavoro dietro le quinte di chi si sacrifica nel silenzio e nel nascondimento sia per l'amministrazione, sia per la manutenzione o per servizi generali.
Chaaria e' anche una casa di preghiera, perche' , senza la forza che ci viene dal Signore, non potremmo davvero farcela a mantenere questi ritmi.


Un forte abbraccio a tutti da questo ospedale sperduto nel cuore dell'Africa, di cui anche voi lettori siete parte.
Grazie che ci volete bene.

Fr Beppe









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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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