mercoledì 22 novembre 2017

Diario di bordo

Oggi giornata estremamente piena.
Generalmente comunque giornata ben organizzata e priva di tensioni.
Abbiamo lavorato sodo, ma il lavoro procedeva liscio, senza tensioni tra il personale o con i pazienti.
Una giornata quindi intensa ma serena.
Ci sono stati moltissimi pazienti sia in ambulatorio che in reparto, con nuovi ricoveri a raffica.
La maternita' e' stata molto impegnativa con 3 cesarei, diversi parti ed alcuni aborti che abbiamo dovuto trattare in emergenza con revisioni della cavita' uterina.
Nonostante lo sciopero sia finito, continuiamo ad avere due pazienti per letto, soprattutto nel reparto uomini.
La sala operatoria registra una grande congestione. Ogni giorno dobbiamo fare la lotta per condividerci le due sale operatorie...gli ortopedici vogliono operare sempre. 
La ginecologa chiede la sala piccola a ripetizione con i cesarei, e poi ha i suoi interventi di elezione. 


Io mi barcameno a far stare le operazioni di chirurgia generale tra le liste degli ortopedici e quella della ginecologa, a cui ovviamente do la precedenza perche' a Chaaria ci stanno poco.
In genere le operazioni programmate sono sempre di piu' di quelle che in effetti riusciamo a fare, per cui si finisce quasi sempre di posticipare qualcuno all'indomani.
E' un ritmo frenetico, normale comunque per Chaaria, che e' sempre congesta per 12 mesi all'anno...tecnicamente il mese di novembre e' quello con la densita' piu' bassa di pazienti, ma rimaniamo ugualmente sopraffatti.
Alla sera siamo distrutti e non fatichiamo a prendere sonno perche' sentiamo di aver dato tutto.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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