domenica 29 ottobre 2017

Sono le 23


E' stato un sabato tremendo sia dal punto di vista ortopedico che ostetrico.

Luciano ha operato non-stop dalle 8 di stamane alle 20 nella sala grande.
Noi ci siamo barcamenati con tanti cesarei ed altre operazioni nella sala piccola.
La sala parto oggi e' stata indescrivibile, con parti a ripetizione: in varie occasioni abbiamo avuto otto donne che hanno partorito in contemporanea...tre sui lettini e cinque per terra su una traversa.
La stanchezza e' tanta, ma poi alle 23 arriva il regalo di Mukothima.
Donna in coma con segni di addome acuto.
L'ecografia dimostra una gravidanza ectopica gia' rotta con abbondante versamento ematico in addome.
La donna e' sporchissima e bisogna prima di tutto lavarla: non puo' entrare in sala cosi'!
Mentre gli infermieri fanno questo servizio, io lavoro in laboratorio per i gruppi e le prove crociate.
Per l'anestesia scegliamo ketamina e valium e la gestiamo in tandem io e Tim, il volontario di Londra.
L'intervento e' difficile. La donna ha una cicatrice pregressa che  rende tutto piu' complicato. Con la ketamina, la paziente spinge e si agita a causa degli incubi, ed e' difficile fare la salpingectomia.



Sono stati sessanta minuti di stress puro.
Pian piano siamo comunque riusciti a domare l'agitazione psicomotoria della paziente ed a finire l'intervento.
Ora la stiamo trasfondendo e siamo ottimisti sul decorso.
La stanchezza che mi sento addosso e' indescrivibile e prego sinceramente che non mi chiamino per un cesareo notturno.

Fr. Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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