lunedì 30 ottobre 2017

Ann

Me la vedo davanti, distesa su una barella. E’ cosciente e sente un dolore tremendo. E’ tutta imbrattata di terra e fango… forse e’ caduta piu’ volte, e si e’ poi rialzata per tentare di sfuggire alla furia omicida dello sposo.
Sel dorso delle dita dei piedi e’ tutta escoriata, e probabilmente e’ anche ‘rovinata’ su qualche roccia.
Ma quello che sconvolge maggiormente e’ vedere le orribili ferite da machete. Ce ne sono almeno sei sulla testa: sono tutte molto profonde, ed attraverso la rima del taglio si intravvede la teca cranica, anch’essa trapassata dal peso enorme di quell’accetta omicida.
Un fendente l’ha colpita alla base del cranio a destra, e le ha ‘pelato via’ i muscoli del collo, dandole un grottesco aspetto da spaventapasseri… e’ come se il capo ora sia retto da una specie di bastone molto esile.
Ma la vera mostruosita’ di questa scena deriva dagli arti superiori..



Il machete ha tranciato quasi completamente il braccio destro, poco al di sopra del polso. Radio ed ulna sono esposti, ed assomigiano alle canne di una ‘doppietta’; anch’essi sono pieni di terriccio e sporcizia... come fara’ a non beccarsi una osteomielite!
La mano penzola, con nervi, tendini e vasi sanguigni al vento, quasi come fili elettrici di un impianto reso inutilizzabile da qualche vandalo.
Il braccio sinistro e’ piu’ o meno nella stessa situazione. Entrambe le ossa spezzate, anche se, in questo caso, ancora ricoperte da qualche muscolo. Pure qui pero’ la mano penzola in posizione grottesca, con tutti i tendini tagliati e lacerati in malo modo. C’e’ sangue dovunque, e prima di tutto bisogna trasfonderla.
So che fuori in barella c’e’ anche una vicina di casa, che si e’ presa una ‘machetata’ sulla mano per aver tentato di fermare quel folle.
“Ma come si fa ad arrivare a tanto, infierendo poi sulla persona a cui un giorno si e’ promesso amore incondizionato e fedelta’ nella buona e nella cattiva sorte?”, penso tra di me. Poi mi do una spiegazione che tenta di conferire un po’ di razionalita’ ad un fatto di follia cosi’ totale: “sara’ stato sotto l’effetto di qualche droga… altrimenti non avrebbe potuto farlo”.
Lavoriamo non-stop per quasi sei ore per riuscire a sistemare alla bell’e meglio le innumerevoli ferite e le tremende fratture.
Sia per Ann che per la vicina dobbiamo ricorrere ad una lunga anestesia generale.
Siamo distrutti quando finiamo. E’ quasi mezzanotte e non abbiamo neppure cenato.

Fr. Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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