domenica 20 agosto 2017

La rabbia

La gente e’ sempre molto timorosa di Tofi, anche se lui e’ un pacioccone ed in genere non fa male a nessuno.
In questa parte del mondo c’e’ un rapporto assai difficile tra essere umani e cani: la gente in genere non da’ da mangiare ai propri cani, perche’ spesso non hanno abbastanza cibo neppure per la famiglia (soprattutto in un anno di siccita’ come quello in corso). 
I cani sono rachitici, magrissimi e famelici. Il cibo se lo devono trovare da soli tra I rifiuti. Anche in ospedale siamo pieni di cani che, soprattutto di notte, rovistano tra i cestini ed i cassonetti cercando di sfamarsi.
A parte Tofi, la stragrande maggioranza dei cani non e’ vaccinato contro la rabbia che ancora e’ relativamente frequente dalle nostre parti.
Anche ieri abbiamo avuto un incontro sconvolgente con questa tremenda malattia che per noi ha una mortalita’ pressoche’ del 100%.
Abbiamo ricevuto un bambino di 10 anni con tutti i segni clinici della rabbia: ipersalivazione ed idrofobia, rigidita’, contrazioni muscolari spasmodiche, stato di coscienza obnubilato.
Aveva sulla gamba una vecchia ferita da morso di animale molto infetta.


Ho chiesto al padre di cosa si trattasse e lui mi ha detto che era stato un cane randagio e che il morso era di giugno.
Il cane era scappato e nessuno sapeva se poi fosse morto da qualche parte.
Questo ritardo tra l’inoculazione del virus e la prima dose di vaccine antirabbico non mi ha fatto sperare nulla di buono.
Ovviamente, non avendo una rianimazione, abbiamo fatto quello che potevamo.
Abbiamo sedato il bimbo con diazepam in vena, e nonostante questo abbiamo dovuto legarlo per evitare che cadesse dal letto e si provocasse una frattura.
Lo abbiamo abbondantemente reidratato perche’ appariva davvero “secco”…chissa’ da quanti giorni non beveva a causa dell’idrofobia!
Abbiamo ripulito la ferita, fatto un richiamo antitetanico ed inserito in terapia un antibiotico ad ampio spettro.
Ma era troppo tardi…il vaccino avrebbe potuto forse fare qualcosa se iniettato immediatamente dopo il morso! Ora era completamente inutile.
Nella notte il bambino e’ deceduto, mantenendo cosi’ la nostra triste statistica al 100%.
Lo sapevo che non ce l’avrei fatta con un ritardo tale.
Mi spiace comunque davvero tanto per questo piccolo paziente di terza elementare e per il suo papa’ che lo ha visto spegnersi legato ad un letto, senza neppure poterlo abbracciare.
Ancora una volta mi rendo conto del perche’ i pazienti fuggano quando vedono Tofi in ospedale, anche se io li rassicuro che e’ del tutto innocuo e vaccinato.

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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