domenica 6 agosto 2017

La nostra Messa

Alla domenica uno dei momenti per me piu’ commoventi e’ la Messa con i malati.
Moltissimi pazienti si uniscono a noi nella celebrazione: preghiamo, cantiano e lodiamo insieme il Signore.
Altrettanti pero’ non lo fanno, o perche’ troppo gravi, o perche’ di diverse fedi e denominazioni. Anche se siamo tantissimi a Messa nella sala di attesa dell’ambulatorio, i reparti riangono comunque pienissimi di pazienti.
Soprattutto a motivo dei malati piu’ bisognosi, ovviamente non tutto lo staff puo’ venire a Messa: alcuni rimangono in reparto a lavorare e soprattutto per essere di guardia in caso di emergenza; altri lavorano invece in sala parto per le molte donne in travaglio.
Non e’ raro che anche io perda parte o tutta la Messa a causa di un cesareo urgente.
Una cosa che sinceramente amo profondamente e’ il fatto che a volte sono io a portare la Comunione ai pazienti alettati ed allo staff al lavoro. 
Il Celebrante mi da’ la pisside delle ostie ed io vado in reparto per i pazienti che desiderano comunicarsi.
Oggi, mentre portavo la Comunione ai pazienti, mi sono profondamente commosso in almeno tre occasioni: nel reparto donne una vecchietta che desiderava l’Eucaristia soffriva moltissimo perche’ l’infermiera le stava medicando una brutta ustione. 


Le ho detto che sarei passato piu’ tardi a darle Gesu’, perche’ al momento aveva troppo male. Lei invece ha preteso che l’infermiera smettesse un attimo il suo lavoro per ricevere l’Eucaristia, e mi ha detto: “Con Gesu’nel cuore avro’ piu’ forza!”.
Passato poi nel reparto uomini vedo due scenette veramente carine: un giovane operato di frattura di femore e’ in piedi e si appoggia alla stampella; dapprima non capisco cosa stia facendo chinato sul letto del suo vicino quasi moribondo…ma poi mi accorgo che lo sta imboccando con una naturalezza estrema. 
Che bella questa solidarieta’ semplice tra i pazienti! Due letti piu’ avanti osservo la nostra infermiera che medica un’ulcera da decubito e mi dirigo verso il fondo del reparto, dove un vecchietto paralizzato ha chiesto la Comunione…e qui vedo un’altra scenetta da “libro cuore”: un malato piu’ giovane di lui gli sta cambiando le traverse piene di pipi’ (ovviamente ha capito che la nostra infermiera da sola non lo poteva fare nel marasma che viviamo in questi giorni); mi vede, sorride, non si fa problema; dice all’anziano paziente che e’ arrivata la Comunione. 
Con altrettanta naturalezza io gli dono il pane eucaristico chinandomi sul suo letto, e dico al “buon samaritano” che sta facendo una cosa bellissima per il suo compagno di malattia.
Da ultimo mi dirigo in maternita’ dove due nostre infermiere sono alle prese con un parto difficile.
Entro in sala parto senza esitazione e chiedo alle due colleghe se desiderano comunque ricevere Gesu’. Loro assentono, ed io do’ loro la Comunione: la ricevono in bocca perche’ hanno la mani guantate ed insanguinate. Dopo aver donato loro il Pane Eucaristico, ho affermato commosso che la loro dedizione in quel momento difficile era in se stessa una messa stupenda e che la nuova vita che nascera’ sara’ una stupenda offerta per quel Gesu’ che avevano appena ricevuto nel cuore.
Tornato poi all’altare e restituita la pisside al Sacerdote, mi sono seduto per un momento di ringraziamento dopo la mia Comunione: ho ringraziato Gesu’ per questa Messa vissuta in tutti gli angoli dell’ospedale, una Messa che qualcuno la vive davanti all’altare, mentre altri la celebrano nel letto della loro sofferenza ed altri ancora nel servizio incondizionato alla vita.
Che bella la Messa con i nostri malati; che bella anche la Messa dei malati che soffrono, accettano ed offrono a Dio la loro croce; che bella la Messa di coloro che vorrebbero parteciparvi ma sanno che il servizio di carita’ urgente puo’ in se stesso diventare “un’offerta
gradita a Dio”.

PS: Chaaria e’ sempre piu’ internazionale. Il medico piu’ lontano in questa foto e’ un cittadino del Ghana, fresco di specializzazione in ortopedia conseguita in Cina. Il giovane in primo piano e' uno studente di Medicina della Kenya Methodist University.

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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