sabato 8 luglio 2017

Lettera di Giuseppe Farnese

Caro Lino,

oggi il consiglio direttivo dell'associazione, come da precedenti disposizioni, ha accolto le nostre dimissioni e ha nominato il nuovo presidente e i due vice presidenti.
È con una certa commozione che mi accingo a scrivere alcune parole sulla tua figura in questi anni.
Non credo di esagerare dicendo che tutti i sorprendenti risultati raggiunti dall'associazione da noi fondata trovino solide basi sul grande impegno che tu hai profuso a piene mani. Non ti sei risparmiato in termini di tempo, passione, professionalità gestionale e Fede. 
Sì, una profonda Fede, dalla quale scaturisce un enorme amore per la Piccola Casa. Un amore che ti ha spronato e ti ha fatto sopportare anche le grandi prove di mortificazione dello spirito che hai dovuto subire in questi 13 anni. 
Perché, se è vero che la grande avventura dall'associazione ci ha donato tante cose belle, dai nuovi incontri, l'elaborazione dei progetti, l'orgoglio di vederli realizzati e i viaggi insieme e le gratificazioni d'ogni sorta, è anche vero che tutto ciò si è accompagnato alle spine delle incomprensioni e delle critiche gratuite.
Tutto ciò tu hai sopportato per dedizione e amore per l'opera del Santo Cottolengo.
Come tuo immeritevole vice presidente, ora anche io ex, a nome dell'associazione volontari, ti ringrazio per il tuo tempo e la tua persona.



Grazie per tutti i risultati raggiunti, sono superlativi, considerando il relativo breve tempo nel quale si sono concretizzati.
Grazie per tutte le tue conoscenze legali, giurisprudenziali, gestionali. Per la tua prudenza in tutte le questioni affrontate. Per il buon senso applicato nei progetti edili e nella formazione e nella gestione dei volontari. 
Grazie per il tuo carattere, troppo spesso equivocato. Quando anche sembrava che prendessi provvedimenti arbitrari invece hai sempre chiesto il parere preventivo dei membri del Consiglio Direttivo e di tante personalità nel campo diplomatico ed ecclesiale.
Spessissimo ne hai recepito i consigli. 
Tutto sempre hai fatto per amore e difesa della Piccola Casa.
Grazie per la tua marmorea inflessibilità quando ti sei imbattuto in questioni o comportamenti iniqui. Sei un esempio di integrità come uomo, come imprenditore e come cristiano.
Sono consapevole che tutte le cose sulla terra cambiano e si evolvono, è giusto e opportuno che sia così ma non nascondo una certa tristezza, tipicamente umana, per una fantastica stagione avventurosa che volge al termine. 
Non dimenticherò mai questi anni. Gli anni della mia gioventù, durante i quali ho avuto la singolare grazia di scoprire un mondo fatto di carità e amore per i fratelli più bisognosi. Di scoprire il Cottolengo nella missione di Chaaria e di averti perciò incontrato nel mio cammino nel momento del tuo coinvolgimento nella creazione di una associazione che facesse meglio fruttificare le risorse del volontariato.
Per me è stato un onore.
Ringrazio di questo Dio. 
Sei stato un amico, un esempio e una figura educativa per me. 
Anche se non sembra proprio....
...in pectore lo è.
Il mio è quindi anche un ringraziamento personale.
Caro Presidente, sono arciconvinto che il tuo impegno a fianco della Piccola Casa e dei volontari non si esaurisce qui ma cambierà modalità. 
Sono altresì certo che le sorprese dal tuo cilindro non siano terminate. 
Grazie ancora Lino.
Con grande affetto.
Giuseppe Farnese
Ex vice presidente


P.S. Colgo l'occasione per augurare al tuo successore, l'avvocato Rita Oddo, e ai due nuovi vice presidenti, Giovanna Gavello e al generale Peratoner un buon lavoro al servizio della grande famiglia della Piccola Casa della Divina Provvidenza. 
Io e Lino siamo con voi e vi assicuriamo tutto il nostro supporto e consiglio.
Buon inizio d'avventura!




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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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