martedì 16 maggio 2017

Non più uno scoglio insormontabile

Le tiroidectomie sono state la mia bestia nera per molti anni.
Ci ho messo davvero tanto ad imparare ed a sentirmi sicuro abbastanza da buttarmi da solo in questa delicata tecnica chirurgica.
Ora però la tiroide in genere non ci spaventa più come prima e la affrontiamo con grande timore reverenziale, ma senza panico.
Anche oggi ne abbiamo fatta una di discrete dimensioni in una giovane donna di Isiolo, ed è andato tutto bene.
La maggior parte dei nostri pazienti sono donne, anche se non mancano gozzi di tutto rispetto pure negli uomini.
Moltissimi sono inoltre i gozzi che provengono dal Nord del Kenya...diciamo da Isiolo, Marsabit, ecc.
Non so quale sia la ragione per cui al Nord ci sia tanto gozzo, per lo più eutiroideo.
E' bello ora poter dire di sì a questi pazienti che magari hanno viaggiato per tre giorni per farsi ricoverare ed essere operati.
Eccezionale è anche il tempo di recupero post-intervento.
I pazienti gironzolano per il reparto già l'indomani ed in genere vanno a casa in quarta giornata post-operatoria.
Ovviamente rimane una procedura molto ansiogena: prima di tutto è in anestesia generale, e questo di per sè già porta con sè i suoi rischi.


Abbiamo inoltre avuto qualche dispiacere con sanguinamenti importanti e necessità di correre nuovamente in sala.
La lesione al nervo ricorrente è sempre uno spauracchio per tutti noi, ed è bellissimo alla sera quando fai il giro, chiedi alla paziente il nome, e lei te lo dice forte e chiaro.
Al momento abbiamo due set chirurgici da tiroidectomia e possiamo farne anche due in un giorno.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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