venerdì 7 aprile 2017

Rottura d'utero a sei mesi di gestazione

Veramente strano quello che è successo oggi!
Vero è che la donna aveva una cicatrice da pregresso cesareo, ma rimane abbastanza inquietante il fatto che abbia rotto l'utero a metà del secondo trimestre.
Il feto era già morto quando l'abbiamo ricoverata: le ostetriche non sentivano il battito cardiaco fetale e me l'hanno inviata per una ecografia di conferma.
L'esame ultrasonografico non solo ha confermato la terribile notizia della morte del piccolino, ma ha anche diagnosticato la presenza di sangue in addome.
Nonostante il fatto che si trattasse di una gravidanza pretermine e di un feto morto, abbiamo quindi dovuto correre in sala ed operare: purtroppo l'utero era spappolato al di là di ogni possibilità di riparazione.
D'urgenza siamo stati costretti a cambiare i piani: da cesareo su feto morto a isterectomia.
La paziente ha comunque rischiato le penne, perchè l'intervento è stato particolarmente difficile e l'emorragia è stata copiosa.
Fortunatamente l'esperienza di Pietro, Mbabu e della dottoressa
Apophie hanno potuto dominare il sanguinamento e salvare la vita della donna...una vita già di per sè difficile, perchè ora non ha più l'utero, ha un solo figlio a casa (che con criteri africani è davvero troppo poco), ed in più è anche sieropositiva ed affetta da tubercolosi polmonare.

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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