lunedì 24 aprile 2017

Era otite

Ivonne ha pochi mesi ed è arrivata in condizioni estreme dovute ad una malattia febbrile molto severa.
Era stata ricoverata in un dispensario rurale ed era stata sotto chinino endovena per vari giorni senza mai migliorare.
La febbre superava i 40°C, e questo portava a frequenti convulsioni febbrili. La mamma era venuta a Chaaria perchè disperata, in quanto non vedeva alcun miglioramento della sua bambina, sempre più prostrata e grave.
Alla prima visita, quello che mi ha colpito fortemente è il fatto che Ivonne, nonostante il febbrone che durava da giorni, non fosse in coma: "se fosse malaria, a quest'ora ci saremmo dovuti aspettare un interessamento cerebrale!"
Lo stato di coscienza e l'assenza di rigidità nucale mi portavano in qualche modo ad escludere anche la possibilità di meningite; nonostante tutto, abbiamo fatto una puntura lombare, e, come prevedibile, abbiamo ricevuto un esito negativo.
L'auscultazione del torace pareva abbastanza indifferente e non mi ricordava certo una polmonite, ragion per cui ho deciso di risparmiare alla povera Doreen i disagi di un trasporto a Meru per la lastra.


Con difficoltà ed usando un guanto di lattice attaccato con cerotti al bacino della piccolina, abbiamo raccolto pure un campione di urina, che escludeva in modo chiaro che si trattasse di infezione delle vie urinarie.
L'emocromo era accettabile, ma con una importante elevazione dei valori dei globuli bianchi neutrofili: "questa bimba ha un'infezione, ma non so dove... per l'appendicite mi sembra troppo piccola, e la palpazione dell'addome pare normale".
Con il senno di chi non sa contro cosa sta sparando, e proprio per questo spara a ventaglio, ho lasciato il chinino in vena (anche con un testo antimalarico negativo), ed ho aggiunto del Rocephin alla terapia. Per le convulsioni mi sono affidato ai soliti Phenobarbitone e Diazepan. Inoltre ho insistito sulla reidratazione endovena.
Non avevo grosse speranze di cavarci un ragno dal buco, in quanto brancolavo davvero nel buio... ed invece Ivonne ha cominciato a migliorare decisamente.
Pian piano si è sfebbrata, ha cominciato a nutrirsi al seno con crescente vigore e le convulsioni sono diminuite fino a scomparire.
La mamma era raggiante ed io stesso ero molto felice; solo che non avrei saputo dirle quale fosse la patologia della figlia, nè avrei potuto indicare il farmaco che aveva salvato la vita della piccola.
Poi, questa sera durante la visita serale del dopo cena, la mamma mi ha fatto vedere del pus che fuoriusciva dall'orecchio destro della bimba: ho preso l'otoscopio ed ho guardato attentamente. Si trattava di una otite media purulenta che aveva ora provocato la perforazione del timpano, permettendo al pus di fuoriuscire.
"Che stupido che sono stato a non pensarci! I bambini non ti possono dire dove hanno male... e chissà che dolore avrà avuto Ivonne a quell'orecchio!".
E' stato quindi ancora una volta il Rocephin a fare il miracolo.
Ho aggiunto delle gocce di Ciproxin localmente ed un brevissimo corso di steroidi in vena, al fine di aiutare il timpano a richiudersi senza complicazioni. Ho anche pensato di sospendere il chinino che ora avevamo già praticato per sette giorni.
Ivonne mi ha insegnato un'altra lezione di vita e di Medicina: dobbiamo sempre guardare le orecchie dei bambini piccoli, quando hanno febbre alta e convulsioni, perchè potrebbe essere otite.
Presto Ivonne andrà a casa, e ne sono felice. La sua storia mi consola, perchè oggi sono molto triste, dopo aver perso un bimbo di 5 giorni, affetto da una sepsi del cordone ombelicale.
Oggi, nella nostra pediatria, la vita e la morte stanno pareggiando.

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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