mercoledì 8 marzo 2017

Ormai ridotti così...

Di notte ormai i pazienti li dobbiamo sistemare per terra, su tutti i marciapiedi delle verande dell'ospedale.
Nelle camere non c'è più posto neppure se i malati sono tre per letto.
Tutte le panche delle sale di attesa sono trasformate in letti nella notte, anche se per la nostra gente lo sbalzo termico notturno è abbastanza forte.
Tutto quello che possiamo offrire sono coperte, alcune da usare come materasso, perchè anche questi sono finiti, pur continuando ad acquistarne.
La stanchezza è immensa e soprattutto alla notte le continue emergenze sono diventate un incubo: cesarei, raschiamenti uterini, ma anche tremendi episodi di violenza.
Ieri notte per esempio abbiamo ricevuto un uomo machetato in tutte le parti del corpo. Soprattutto il volto ed il cranio erano impressionanti a motivo delle ferite profondissime. Pare che i facinorosi volessero addirittura staccargli la lingua, a giudicare da quanto hanno infierito nella regione attorno alla bocca.
I nostri sforzi per suturare e per rianimare sono stati inutili, ed il poveretto è deceduto a causa delle ferite e dei danni agli organi interni.


Anche ora vi scrivo aspettando che preparino l'ennesima revisione della cavità uterina: sarà l'ultima chiamata per stanotte? Dio solo lo sa.
Certo è che una notte tranquilla non ricordo quando io l'abbia dormita negli ultimi mesi.
non ricordo più niente.
Spesso non connetto e non riesco a mettere insieme le cose; dimentico tutto e sbaglio addirittura il nome dei collaboratori più stretti...ma come potrebbe essere diverso in una bolgia infernale come Chaaria è diventata negli ultimi tempi?
Ora corro in sala perchè mi dicono che la paziente è pronta.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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