venerdì 10 marzo 2017

Difficile quantificare la sofferenza dei poveri

Dalli'nizio di questo sciopero, noi siamo certamente stati un porto sicuro in cui molta povera gente ha potuto trovare un aiuto ai suoi problemi di malattia.
Abbiamo aiutato tutti, e nessuno è stato mandato via, nè perchè eravamo troppo pieni e neppure perchè non avevano soldi.
Dall'inizio di gennaio ad oggi i ricoveri ospedalieri hanno superato ormai i 2500, mentre gli interventi chirurgici sono stati già 1105.
E la contea di Meru è in una situazione molto favorevole perchè ci sono alcuni ospedali missionari che sono sempre stati aperti dall'inizio di questa agitazione sindacale direi selvaggia. 
Ma molte zone stanno molto peggio...
Quando penso al Nord del Kenya ed a varie aree della costa e dell'ovest, dove non ci sono strutture sanitarie di carattere missionario, mi chiedo quanta gente sia morta fino ad oggi per mancanza di cure mediche.
Anche in questo momento (alle 22.30) stiamo ricoverando ed assistendo alcune persone machetate ovunque da dei malfattori...ma Chaaria è aperto, e noi ci siamo 24 ore al giorno, con dedizione anche se con estrema fatica.
Non posso non pensare ai machetati delle regioni settentrionali e desertiche dove non ci sono ospedali aperti. Certamente muoiono dissanguati o di infezione!


La portata di questo dramma certamente ci sfugge nelle sue dimensioni reali, e sicuramente colpisce i più poveri, quelli che non hanno i soldi per pagare costose strutture private e quindi rimangono del tutto disattesi.
Un problema che sempre più frequentemente ci troviamo ad affrontare durante questo sciopero è anche quello di riportare a casa i pazienti abbandonati qui in ospedale: nessuno viene a trovarli perchè hanno paura di pagare, ed alla fine li dobbiamo portare a casa noi, senza chiedere una lira, soprattutto per creare un posto libero da occupare con nuovi malati acuti.
Accompagnare a casa queste persone abbandonate ci apre a situazioni di povertà materiale e morale che neppure potevamo immaginare quando vedevamo quella persona nel pigiama pulito dell'ospedale!
E' proprio vedendo la loro povertà che ci rendiamo conto che stare in ospedale per loro era un vantaggio, in quanto almeno avevano cibo e vestiti puliti.
E d'altra parte, se una persona rimane in ospedale per due o tre mesi dopo la dimissione, perchè non ha soldi per pagare il piccolo conto che chiediamo come compartecipazione di spesa; se accetta di mangiare quel poco che possiamo offrire in questa situazione da lazzaretto; se non si lamenta neppure quando nello stesso letto sono in tre o quando addirittura il materasso è fuori...allora deve essere proprio un povero disperato che nella vita non ha proprio niente: non ha un lavoro che lo aspetta, non ha un pezzo di terra, non ha persone care che si prendono cura di lui a casa.
Quanti casi del genere abbiamo visto in questo periodo! Casi di povertà inimmaginabile che ci hanno portato a riflettere come l'ospedale non solo abbia salvato la vita dei pazienti ma sia anche diventato un ammortizzatore sociale di immenso valore.
Ed in effetti sono proprio queste le situazioni che troviamo quando portiamo a casa gente che abbiamo operato, guarito e con cui siamo stati per mesi nella invana speranza che qualcuno venisse a prenderli: in genere sono proprio dei disperati!
Senza Chaaria tutta questa gente non sarebbe stata curata, non sarebbe stata operata e quasi certamente sarebbe morta...e chissà quanti sono morti in zone lontane dagli ospedali missionari!
Sono i poveri che pagano più caro questo sciopero infinito.
Noi siamo lì a sacrificarci per loro!
Spesso l'ospedale è un buco nero, perchè non possono davvero pagare nulla e le spese per le terapie sono altissime, ma crediamo che la Provvidenza ci aiuterà anche a colmare i buchi economici che il servizio ai più poveri inevitabilmente crea, perchè la nostra fede ci dice che in essi serviamo Gesù.

Fr Beppe






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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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