domenica 19 febbraio 2017

Tifo addominale

La febbre tifoide è generalmente considerata una malattia infettiva di carattere propriamente medico ed internistico.
Purtroppo spesso complica con dei quadri di addome acuto davvero molto brutti e difficilissimi da trattare.
In sala ti trovi davanti un intestino tenue bucherellato in varie parti: spesso opti per la sutura, perchè la resezione intestinale sarebbe troppo estesa.
Pensi di aver chiuso tutte le perforazioni, ma poi il paziente complica nuovamente in quarta o quinta giornata post-operatoria.
L’addome si rifà ligneo ed i signi peritonitici riappaiono: ti senti frustrato e non vorresti riaprire il paziente ma non hai alternative.
Nuova anestesia generale e tutti i rischi connessi con un grosso intervento addominale.
Pensi che le tue suture abbiano “mollato” e ti senti un fallito!
Invece ti rendi conto che si tratta di nuove perforazioni in altre parti dell’intestino.
Suturi nuovamente, ma hai l’impressione di avere tra le dita una parete intestinale così fragile che potrebbe strapparsi nel momento stesso in cui metti i tuoi punti.
E poi ci sono le aderenze che rendono l’intervento un vero incubo!


Dell’anatomia normale non rimane quasi nulla: c’è pus e materiale fecale in peritoneo.
Devi assolutamente fare l’adesiolisi e liberare le anse, perchè altrimenti una subdola perforazione potrebbe già esserci, mascherata dalle aderenze stesse, e tu potresti richiudere l’addome senza renderti conto del buco, che poi causerà un terzo addome acuto e ti riporterà in sala per l’ennesima volta.
Ma un intestino così fragile rischia di spappolarsi tra le tue mani nel momento stesso in cui fai questa manovra, e quindi tu stesso puoi creare nuove perforazioni e disastri.
Dopo ogni laparatomia poi devi prescrivere almeno cinque giorni di digiuno, per evitare che le suture si riaprano... ma qui non abbiamo soluzioni parenterali per l’alimentazione del paziente, per cui questi vanno in catabolismo e si “scheletrizzano” in maniera spaventosa.
Li idratiamo, ma la disidratazione è un altro nemico che facciamo fatica a tenere sotto controllo, così come gli squilibri eletttrolitici.
Abbiamo avuto due casi del genere nelle ultime settimane: entrambi molto giovani.
Un ragazzo di 25 anni non ce l’ha fatta ed è morto questa mattina.
Una ragazza di 21 invece è ancora in reparto, dopo essere stata operata già tre volte...l’ultima volta ieri! Ogni volta che riprendiamo ad alimentarla, si formano nuove perforazioni intestinali, non dove avevamo suturato, ma altrove.
E’ una ragazza alta che poteva pesare sui 60 chili quando è entrata in ospedale.
Ora è uno scheletro e nepesa forse trenta, e purtroppo le ho rimesso il sondino nasogastrico, dopo l’ennesimo tentativo di riparare il suo intestino: quindi è nuovamente a digiuno per almeno altri cinque giorni.
Io sono disperato e non so più cosa fare.
Non penso che la ragazza abbia forza residua sufficiente per affrontare un quarto intervento.
D’altra parte non ho nessun ospedale a cui riferirla, dato lo sciopero che continua.
Bisogna solo sperare che stavolta non si riformino perforazioni e che possiamo rialimentarla prima che muoia di fame.
Pregate per lei...ed anche per me che sono molto scoraggiato.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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