domenica 11 settembre 2016

Le chiamate notturne inutili

Questo è un problem ache affligge più sovente Giancarlo rispetto a me, ma pure io non ne sono immune.
Da tempo abbiamo dato la nostra disponibilità ad aiutare alcune strutture sanitarie periferiche e rurali, sprovviste di sala operatoria e di ambulanza.
Quando in quelle strutture ci sono complicazioni (soprattutto legate alla maternità, ma a volte anche per altri casi clinici che essi non riescono a gestire), essi ci telefonano e chiedono un trasporto urgente a Chaaria con la nostra ambulanza.
Nelle ore diurne dei giorni infrasettimanali, questo servizio viene espletato dai nostri autisti insieme ad un infermiere che li accompagna in ambulanza.
Nel week end e durante la notte tale onere è sulle spalle di Fr Giancarlo che riceve la chiamata direttamente e poi organizza il trasporto insieme ad un membro dello staff.
Di notte io vengo svegliato solo quando si tratta di un cesareo, effettivamente confermato dalla visita della nostra ostetrica di turno.
Sarà perchè gli infermieri di quelle strutture di notte sono agitati ed hanno paura di possibili complicazioni irreparabili (loro infatti non hanno il medico), o magari sarà che a volte desiderano liberarsi subito di un caso che potrebbe tenerli occupati per tanto tempo (impedendo loro si schiacciare un pisolino), ma ormai abbiamo capito che più del 70% delle chiamate notturne per casi di maternità sono in effetti inutili: la cosa più frequente che ci succede è che una donna venga prelevata con l’ambulanza dall’altra struttura, giunga a Chaaria, venga visitata dalla nostra ostetrica che non trova alcuna complicazione, e poi partorisca normalmente.


Ma questo non è il peggio che sperimentiamo! La cosa che innervosisce di più è quando la chiamata arriva magari alle due di notte; Giancarloparte con l’ambulanza, e poi, quando ancora è a metà strada, da quella struttura chiamano nuovamente asserendo che la mamma ha partorito.
Stanotte per esempio è successo che la chiamata era per un distress fetale in una primigravida con dilatazione di due centimetri; venti minuti più tardi è giunta la seconda telefonata in cui gli infermieri ci dicevano di non andare più a prendere la paziente perchè aveva partorito: da due centimetri a dilatazione completa in venti minuti?
In una primipara? Il dubbio sull’accuratezza delle informazioni cliniche ci rimane, oltre al punto interrogativo sull’opportunità o meno del paventato trasferimento! Il fatto è che Giancarlo era già per strada, e, dopo essere rientrato a casa, non ha più ripreso sonno.
Sono situazioni pesanti perchè poi l’indomani si lavora.
Inoltre la distanza media dalle strutture che normalmente ci chiamano è di circa 15 chilometri di sterrato, che nella stagione delle piogge sembrano almeno 80: essere richiamati e sentirsi dire che una donna ha partorito, mentre sei impantanato di notte in una buca piena di fango, non è per niente carino.
Questa è una croce che pesa soprattutto sulle spalle di Giancarlo.
A me invece a volte succedono cose leggermente diverse ma altrettanto stucchevoli da altre maternità rurali e periferiche che non hanno la sala operatoria ma possiedono invece l’ambulanza: si tratta di alcune strutture missionarie che afferiscono a noi per i cesarei da una distanza di circa 50 chilometri (due ore e mezza di strada sterrata).
Sovente mi chiamano nel cuore della notte per dirmi che stanno per partire alla volta di Chaaria con un distress fetale: quando capita così, io mi sento morire, perchè mi svegliano due ore e mezza prima del loro arrivo in ospedale; poi la donna va praparate per la sala, e passano quindi circa tre ore di insonnia prima che effettivamente io possa entrare in sala per il cesareo notturno.
Se fossero venuti a Chaaria senza la telefonata iniziale avrei potuto dormire tre ore in più!
La cosa peggiore poi è che spesso i salti e gli sballottamenti della strada sterrata favoriscono forti contrazioni e la gravida partorisce in macchina: gli infermieri che l’accompagnano allora vanno in panne, si agitano, assistono quella donna e, se va tutto bene, rientrano nella loro struttura con il neonato... senza più ricordarsi di avvisarmi...per cui io, già sveglio dopo la prima telefonata di preavviso, rimango in ansia e non prendo più sonno aspettando un cesareo che non arriverà mai.
Siccome già di per sè le chiamate notturne “reali” sono tante, queste chiamati “inutili” innervosiscono e pesano non poco sul nostro sistema nervoso a volte già tirato all’orlo del cedimento.

Fr Beppe


Nessun commento:


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....