lunedì 19 settembre 2016

Chaaria non è...

Vorrei dirvi alcune parole su ciò che Chaaria non è, al fine di aiutare i volontari a fare una esperienza il più positiva possibile, evitando false attese e frustrazioni. 
Molte volte infatti nelle precedenti lettere abbiamo insistito su ciò che si fa, su quello che abbiamo migliorato, sulle nuove costruzioni o terapie in atto… Ora è forse meglio parlare un poco di tutto quello che non si riesce a fare qui alla Missione.
1) Chaaria è al momento una struttura soprattutto sanitaria ed assistenziale; i volontari sono per lo più impegnati nell’ospedale o nella cura dei Buoni Figli. Tali attività assorbono le nostre giornate a ritmi veramente pieni e vertiginosi, per cui ci rimane ben poco tempo da dedicare ad altre attività. 
Pur riconoscendo l’importanza di attività sociali sul territorio (come visite domiciliari nelle capanne, per esempio), dobbiamo constatare che il tempo a disposizione per questo è poco, ed è saltuario… 
I volontari che fossero interessati primariamente a tale tipo di esperienza sociale potrebbero sentirsi frustrati nel constatare quanto poco tempo sarà concesso alle uscite tra le capanne. 
La nostra azione sociale si realizza soprattutto attraverso l’aiuto sanitario offerto a tutti i poveri che bussano alla nostra porta, attraverso la presa in carico totale degli handicappati mentali da noi ospitati e attraverso l’aiuto economico alle famiglie in difficoltà…. 


C’è chi dice che in tal modo si fa una esperienza separata dalla vita reale della gente, e che si rischia di stare in Africa senza prendere veramente coscienza della cultura locale; non so se queste critiche sono vere oppure no: so però che la popolazione ha bisogno di aiuto e che l’ospedale di Chaaria è qualcosa di veramente significativo che ha cambiato la vita di molti. 
So che una mamma con un bambino morente per anemia ha bisogno di sapere che c’è una struttura attrezzata per le trasfusioni, e questo è ciò che cerchiamo di fare per lei in ospedale. Il servizio domiciliare potrà essere organizzato in futuro se il Signore ci manderà un numero sufficiente
di vocazioni che ci permettano di iniziare e di portare avanti con continuità tale nuova area di impegno. 
Infine posso dire che anche ora in ospedale, attraverso il nostro lavoro tra i sofferenti, noi possiamo diventare loro amici, condividere tante esperienze che altrimenti ci sfuggirebbero, e giungere a comprendere le loro problematiche più intime.
2) Chaaria è una esperienza totalizzante in cui spesso i ritmi di lavoro sono continui ed estenuanti, di conseguenza non c’è molto tempo libero. 
E’ però bene ripetere che ognuno contribuirà nella maniera a lui più congeniale. C’è chi vuole dare tutta la propria giornata al servizio, e c‘è chi ha bisogno di spazi più estesi di recupero fisico, spirituale e psichico. 
Ognuno potrà organizzarsi liberamente i propri orari.
3) Chaaria è una esperienza di vita comunitaria e di condivisione totale tra Fratelli della Comunità e volontari: si vive sempre insieme, si lavora insieme, si mangia insieme. 
Questo richiede una buona dose di adattamento e di pazienza reciproca, perché ognuno è diverso e porta con sé pregi e difetti: i Fratelli non sono perfetti, così come non lo sono i volontari. 
Si tratta dunque di saper stare insieme prendendo da ognuno ciò che è buono e perdonando ciò che possiamo definire imperfezione o difetto. 
Per stare bene insieme è importante un buon spirito di adattamento e la capacità di non giudicare.
4) Chaaria è soprattutto una esperienza di vita in cui cerchiamo di volerci bene e di servire i poveri mettendo a loro disposizione tutto quello che siamo e tutto quello che abbiamo. Stando qui per un po’ si riscoprono valori spesso dimenticati, come quello della povertà e della vita semplice, senza troppe possibilità di comunicazione con l’Europa, senza sprechi e senza televisore. 
Il nostro sforzo è quello di diventare una famiglia per tutti i poveri che serviamo e incontriamo, e allo stesso tempo quello di creare rapporti di amicizia significativi con tutti i volontari che vengono a darci una mano.
5) Noi crediamo fortemente che valga la pena spendere la propria vita ed anche la propria salute a servizio di coloro che sono meno fortunati di noi. 
Crediamo che servire i piccoli e gli abbandonati è servire Gesù, ed è allo stesso tempo una ottima strada per la purificazione e per la santità personale e comunitaria.
Dopo questo lungo elenco di punti in cui ho cercato di spiegare ciò che Chaaria non è, vorrei dire a tutti coloro che desiderano venire da noi, che sono i benvenuti: quello che possiamo promettere fin da ora è la nostra amicizia ed il nostro calore fraterno, il nostro aiuto per un graduale inserimento e la condivisione delle nostre esperienze e della nostra giornata. 
A tutti i volontari promettiamo un cuore caldo che li accoglierà a braccia aperte, non nasconderà che ci sono anche dei difetti e dei problemi qui in Missione, ma sarà sempre aperto all’amicizia verso tutti.
Soprattutto possiamo promettere che a Chaaria i volontari troveranno tantissimi poveri veramente bisognosi e malati, e saranno loro la ricompensa per ognuno. 
Davvero i poveri sono coloro che ci riempiono il cuore e alla fine dell’esperienza ci fanno esclamare:” Ero venuto per donare qualcosa e invece mi rendo conto di aver ricevuto molto di più di quanto ho effettivamente dato”.
Ciao! pregate per noi e per la nostra comunità e, se ne avete la possibilità, venite a condividere qualche tempo con noi, per aiutarci a completare il ”nostro sogno per Chaaria”.

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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