mercoledì 3 agosto 2016

Grazie di cuore Massimiliano

Oggi alle ore 14 Massimiliano mi sta aspettando in sala per un'altra tiroidectomia...forse l'ultima prima che poi lui riparta per l'Italia.
E' già lavato, ma, mentre mi preparo io, noto che non sta aprendo la cute come di solito fa in attesa che io lo raggiunga.
Appena mi avvicino al lettino operatorio per assisterlo nell'intervento, lui mi dice di iniziare con la cute.
Non me lo faccio dire due volte ed incido con una certa tranquillità perchè davanti a me c'è lui.
E' a questo punto che Massimiliano dice di avere assolutamente bisogno di un caffè.
Si toglie quindi i guanti ed il camice e mi dice: "Io comunque rimango nei dintorni, ma non chiamarmi a meno che non sia assolutamente necessario"
Poi dice a Mamasharon di farmi da seconda ed a Celina di strumentare per me.
A questo punto esce dalla sala.
Lo so che questo è un grande regalo che Masimiliano mi vuole fare.
Da tempo mi dice che sono pronto per andare avanti da solo con le tiroidectomie, ma sa che in qualche modo ho ancora paura.
Oggi mi ha dato la possibilità di lanciarmi ed è rimasto in zona come sostegno psicologico e come reale aiuto in caso di complicazione grave.


La sua azione coraggiosa è stata come un importante propulsore per la mia autostima.
Devo dire che ho lavorato con serenità ed ho espletato l'intervento senza difficoltà ed in un tempo del tutto ragionevole.
Tutto lo staff della sala ha esultato con me per questa "nostra" prima tiroidectomia senza supervisione.
Non so come ringraziare Massimiliano anche per quest'ultimo suo regalo fatto di fiducia estrema nei miei confronti, di stima e di amicizia.

Fr Beppe Gaido


1 commento:

Unknown ha detto...

Grande Massimiliano, grande Beppe


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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