martedì 27 maggio 2014

Il secondo mobile clinic insieme a D.R.E.A.M.

Oggi abbiamo organizzato il “mobile clinic” nel villaggio di Kathwene, insieme allo staff D.R.E.A.M. di Matiri.

E’ stata un’esperienza molto positiva e faticosa in cui sono stati eseguiti counseling e test per HIV su 140 persone. Tra di essi il numero di positivi è stato solo di 4.
E’ un dato veramente incoraggiante che dimostra che “la goccia scava la roccia” e che i nostri sforzi di sensibilizzazione nelle scuole e nelle chiese, di prevenzione in vari incontri pubblici con la popolazione, di “behaviour change” (cambio di comportamento) stanno avendo il loro impatto e stanno dando frutti.
La giornata di oggi, se presa come campione della popolazione generale dei nostri villaggi, ci indica una prevalenza di infezione da HIV che si attesta sul 3%: è un successo strepitoso quando penso al 12% di circa 10 anni orsono nelle casistiche ospedaliere di Chaaria.



Le persone positive sono già state agganciate alla nostra C.C.C. (comprehensive care clinic) e riceveranno tutti gli esami e le terapie del caso a titolo del tutto gratuito, grazie allo sponsor offertoci da D.R.E.A.M.
Del nostro staff oggi erano impegnati nella “mobile clinic” Martin, Ken e Mwenda. D.R.E.A.M. ha offerto 4 clinical officer, l’automobile e l’autista. I test rapidi ed i reagenti ci sono stati donati dal governo del Kenya.
Kathwene si trova a circa 12 chilometri da Chaaria, verso il Tharaka, in una zona già molto più depressa e povera rispetto all’area che circonda l’ospedale.
Ci proponiamo di aumentare il numero dei villaggi che raggiungeremo regolarmente: al momento il nostro “mobile clinic” ha raggiunto Nkandune prima e Kathwene nella giornata odierna.
Ancora grazie a Gianni Guidotti ed a tutta la Comunità di Sant’Egidio

Fr Beppe e Fr Giancarlo


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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