Desidererei
sottolineare alcune caratteristiche a mio avviso molto utili per tutte le
persone che vorrebbero fare o hanno fatto volontariato da noi.
1.
SENSO DI ADATTAMENTO: sappiamo tutti che un ospedale rurale in Africa non può
essere ben organizzato come un moderno ospedale italiano. La struttura qui
potrebbe essere paragonata ad un enorme reparto contenente 140 posti letto,
divisi tra specialità molto diverse tra loro. A tutto questo si aggiunge il
flusso continuo e in progressivo aumento negli ultimi tempi, di pazienti
ambulatoriali. Inoltre lo staff locale è molto ridotto rispetto agli standard
italiani, per cui a volte non riusciamo a seguire il singolo paziente come
invece si potrebbe fare in Italia.
2.
UMILTA’ sia nel servizio che nel giudizio globale della realtà africana. Nel
servizio, pur essendo molto bello che i volontari ci portino ad un continuo
miglioramento, è necessario fare appello alla pazienza personale per accettare
che i cambiamenti suggeriti avvengano per piccoli passi. A volte è necessaria
una rivoluzione mentale per il nostro personale che è stato formato con altri
criteri, soprattutto se consideriamo che un Africano non riesce per natura a
cambiare le proprie abitudini da un giorno all’altro. Nel giudizio globale
sull’Africa invece, credo che valga quanto ci ha detto un vecchio missionario:
“Per i primi tre anni osserva e basta...se vuoi veramente tentare di capire.
Dopo puoi cominciare ad esprimere qualche umile parere.”
3. COMPRENSIONE: noi
Fratelli siamo sempre in vetrina in quanto viviamo 24 ore al giorno con i
volontari. A volte è difficile per noi adattarci a personalità completamente
diverse che si alternano nella nostra comunità a velocità alquanto elevata.
Passiamo da persone pacate ad altre molto esuberanti; da gente che ha bisogno
di solitudine ad altri che preferirebbero stare sempre in gruppo e via
dicendo... Non sempre è facile passare da un chirurgo che richiede tutto il
nostro sforzo per migliorare la sterilità, ad un pediatra che invece ritiene
che l’ospedale si debba concentrare soprattutto sulle pappette e sulle
soluzioni reidratanti. In ultimo dico che non possiamo essere sempre al meglio:
a volte anche noi attraversiamo momenti difficili.
Fr. Beppe Gaido
PROBLEMI DI LINGUA (anzi, di LINGUE)
Mai come, quando si sta a
Chaaria, si capisce quanto dovessero essere disperati gli abitanti di Babilonia
quando il castigo Divino li privo’ della lingua comune e non poterono piu’
capirsi.
Molto ma molto piu’ in
piccolo anche a Chaaria si vivono queste situazioni.
In Ospedale la maggior
parte dei ricoverati non parla Inglese, ma Kiswahili (lingua nazionale) o
Kimeru (la lingua locale). Ovviamente i due idiomi sono del tutto diversi tra
loro e solo chi e’ stato a scuola li parla entrambi. A questo punto, per
comunicare con i malati, i volontari devono ricorrere alla traduzione degli
infermieri o dei clinical officer.
Ma qualcuno di loro non e’
della zona, quindi parla solo Kiswahili e non il Kimeru: il tuo traduttore deve
allora cercarsi un secondo traduttore che aiuti lui o lei che sta aiutando te.
Ricordate il gioco del
telefono senza fili, che si faceva da bambini, sussurrando all’orecchio del
vicino qualche parola che doveva passare al successivo e cosi via: in fondo
alla fila dei bimbi spesso arrivavano parole del tutto diverse o
incomprensibili.
Fosse finita qui. Ogni
giorno vengono ricoverate persone che arrivano dal Nord, Turkana, Rengilla, ed
altre tribu’. Ognuna parla la sua lingua non conosce Inglese, Kiswahili,
Kimeru, ma non conosce neanche il linguaggio della tribu’ del nord che non
siano la sua. In questo periodo abbiamo diverse persone in reparto con le quali
si usa solo il linguaggio dei gesti; sono pero’ un poco perplesso perche’anche
i gesti non sono sempre internazionali. Anche semplicissimi messaggi tipo “bevi
tanta acqua” “ alzati e non stare tanto a letto” sono difficili da trasmettere.
Ogni tanto qualche
ricoverato che parlucchia un po’ di Kiswahili si offre come traduttore:
immaginatevi la catena, da una persona analfabeta che parla con una semianalfabeta
che traduce in una lingua che non padroneggia appieno…..noi tutti speriamo
veramente che la Provvidenza non si distragga mai.
Certo sarebbe bello e
romantico dire che con il linguaggio dell’amore ci si capisce sempre, ma
quando bisogna decidere su una terapia o su un intervento chirurgico, una certa
sensazione di disagio ti coglie. E’ uno dei tanti aspetti della
complessita’ di Chaaria, di quella complessita’ che ti fa dire “ma perche’ sono
venuto a cacciarmi in tutti questi problemi” ma ti fa concludere “ in ogni caso
ci torno”.
Max Albano
Bignami Medici
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